In una milonga ogni volta si decide il destino di un tanguero.
Sono in una milonga, un posto nuovo. Mi sento fremere dall’emozione. Sento le sollecitazioni, le mirade che provengono da più direzioni. Sono tutti tangueri sconosciuti, ballano in modo fluido, mi fanno sentire al sicuro, come se fossi a casa. Li vedi muoversi cambiando consistenza in base alla musica del momento e trasmettono la loro energia, come fossero impulsi elettrici che in risposta, generano un movimento dell’altro. Mi sento cullata da questo mondo che mi avvolge, da questi abbracci che ricevo. In questa milonga ogni suono risulta ovattato e sento comporre, come la musica su uno spartito, attraverso passi e movenze che veicolano dentro di me, nutrimento per la mia anima, aggiungendo, modificando o incorporando piccole parti nel mio DNA tanguero. I tangueri sono un mix di DNA continuamente in trasformazione poiché assimilano, incastrano e sostituiscono, formulando dopo ogni tanda, un nuovo codice, che poi diventerà unico. Dentro al nostro DNA tanguero possiamo percepire il calore degli impulsi, degli stimoli che scorrono veloci lungo tutto il corpo, degli scossoni e dei cambi di direzione se per caso non ci troviamo bene in quell’abbraccio come fossimo una nave che cerca di evitare gli scogli viaggiando a volte lenta, a volte veloce, a volte in modo tumultuoso.
Facciamo parte di un ingranaggio più grande che si addormenta, quando non andiamo a ballare. Ad ogni milonga è come risvegliarsi da questo sonno portando a galla una nuova coscienza del nostro Io. Ogni tanda ci rende più consapevoli. Più edotti del corpo che si muove, di parti di questo corpo che ancora non conosciamo. Vediamo il volto dell’altro e attraverso i suoi occhi, di riflesso, vediamo la nostra parte più intima, senza che quest’ultima, necessariamente arrivi alla nostra parte cognitiva.
Di ritorno a casa, nel rielaborare il vissuto, queste informazioni si scambiano tra loro e allora l’Io parla con la coscienza. Riviviamo gli abbracci, le sensazioni vissute, l’eco dei brani ballati e ascoltati sentendo nuovamente le melodie, i suoni tipici del mondo milonguero, rimandandoci immagini come fossero cartoline scritte da amici che amiamo rivedere. Percepiamo di non essere soli e sappiamo di avere altri tangueri vicino a noi. Cominciamo a sentire le voci e gli strani sentimenti che invadono l’anima e sentiamo che il nostro corpo non è pronto, poiché deve ancora completarsi con l’altro in una nuova tanda, in un nuovo abbraccio. Si intuisce la tristezza, la sofferenza e la paura per il giorno in cui ritornerai a ballare quando ancora nessuno ha deciso né il dove né il quando.
Sarà il giorno della verifica, della nascita del nuovo tanguero, quello che nel frattempo si era modificato nel suo DNA, nella sua intimità. Allora diventiamo impazienti, curiosi di vedere con i propri occhi quello che nel frattempo abbiamo solo assimilato come informazioni che ancora non abbiamo provato e che forse non sappiamo metterlo in pratica anche se il nostro DNA ce lo ha già raccontato. Poi cominciamo a sognare, per accrescere la nostra consapevolezza, per poter inaugurare in milonga il nostro nuovo Sé e ci facciamo prendere la mano dalla frenesia, dalla dipendenza, dalla mancanza del tango. Torniamo a ballare. Giunge il giorno fatidico.
Si risentono i rumori a noi noti della milonga. Si sentono nuove mirade, sembrano quasi più insistenti e non sappiamo se avere paura o esserne felici. Come se la milonga, la nostra casa, il posto sicuro e caldo, ci volesse buttar fuori. Quando ci avviciniamo all’altro giunge il momento.
Ci si ricorda dell’input che il DNA ci aveva trasmesso e ci lasciamo andare tra le braccia di quello che è il nostro mondo.
Per i tangueri la milonga è come stare a casa.
Vi consiglio la lettura del mio libro per approfondire alcuni argomenti:
1 Comment
Marilu’ e’ un’emozione leggerti, da poco mi sono tuffata in questo mare del tango, ed e’ bello sentire tutta questa energia.
Simona